Vi propongo con grande sorpresa un piacevole ritrovamento, un mio elaborato risalente al giugno 2011, spero possa tornare utile a qualcuno!
Il Viaggio e lo Stereotipo, nella cultura e nell'economia.
Un elaborato di Enrico
Porceddu
Presentazione: Presentazione personale (esposizione
percorso di studi)
Premessa: 1.Perchè
ho scelto questo tema?;
2.Contenuti.
Introduzione:
Origini, concetto e definizione di
stereotipo:
1.Origine etimologica del termine “stereotipo”;
2.Concetto di
stereotipo;
3.Lo studio degli
Stereotipi in Sociologia;
4.Definizioni
della parola stereotipo;
5.Esempio pratico
per la comprensione;
Origini, concetto e definizioni del termine viaggio:
6.Origine etimologica del termine “viaggio”;
7.Concetto di viaggio;
8.Definizione del termine viaggio;
Letteratura
e arte: 1.Lo stereotipo nella cultura;
2.il viaggio
secondo gli autori italiani;
3.il viaggio
secondo Gauguin;
Stereotipo e
Economia: 1.La stereotipizzazione come azione di
marketing;
2.Interventi di destereotipizzazione (ove lo
stereotipo costituisca svantaggio);
Letture: 1.Lettura "The Geography of Bliss" (Eric Weiner);
2.Lettura”Il Grande Boh” (Lorenzo Cherubini
noto Jovanotti).
Presentazione:
Salve a tutti, mi chiamo Enrico
Porceddu e sono nato ad Iglesias il 5 luglio del 1991.
Fin da piccolo mostro interesse per le
attività di gruppo, partecipo attivamente ad attività sportive e non,
praticando sport quali Calcio, Judo, Atletica Leggera, Baseball e Pattinaggio.
Inizia in tenera età anche la mia avventura nel mondo dei viaggi, ciò favorito
dalla spiccata attitudine dei miei genitori al viaggiare, attraversando così
l’Europa sopra una casa a quattro ruote.
In contemporanea con l’avanzare dei
miei studi iniziano a delinearsi i caratteri che contraddistinguono la mia
carriera scolastica; già dalle scuole medie superiori a prevalere è la
partecipazione più che il profitto, garantendomi tuttavia un tranquillo
avanzamento negli studi, nonostante inizino a delinearsi le prime carenze
matematiche.
In parallelo inizio a coltivare varie
passioni come la Pesca Subacquea e la sfrenata passione per le moto, oltre che
all’amore ormai affermato verso il Calcio giocato.
Iniziano qua anche le mie prime vere
esperienze lavorative, che mi avvicinano al mondo della ristorazione tanto da
farmi prendere la decisione di iscrivermi nel rinomato istituto superiore
alberghiero di Alghero, ma, forse per l’età o forse per la scarsa convinzione,
qualche giorno prima dell’inizio delle lezioni cambio idea e decido di
iscrivermi presso l’istituto I.T.G.C. E.Fermi di Iglesias nell’indirizzo
turistico (ITER).
Qui inizio ad apprezzare maggiormente
lo studio, e oltre alla partecipazione subentra l’interesse per alcune materie
quali lingue straniere e economia aziendale, e, nel caso delle lingue straniere
riesco a ottenere certificazioni di livello b1 in lingua inglese e di livello
b2 in lingua spagnola.
Matematica a parte riesco quindi di
anno in anno ad ottenere delle conoscenze adeguate al mio corso di studi,
ritenendomi soddisfatto dei livelli e dei traguardi raggiunti.
L’anno 2009/2010 è un anno nuovo per
me, o sicuramente diverso da tutti quelli precedenti; partecipo infatti ad un
programma interculturale annuale in Svezia, inserendomi in una cultura
differente e imparando tanto, vivo in una tipica famiglia svedese e frequento
una splendida scuola superiore nella città universitaria di Uppsala, con
indirizzo “sviluppo dei paesi sottosviluppati”.
Torno poi in Italia, a parer mio un po’
cambiato, ma con tanta voglia di fare bene; mi iscrivo quindi all’ultimo anno
di scuola superiore, il resto è presente…
Premessa:
1.Perché ho scelto questo tema?
Il tema eletto è forse la conseguenza
di anni di viaggi, più precisamente diciannove
anni di viaggi; avevo infatti dieci mesi quando viaggiai per la prima
volta, non posso ricordare nulla di quei giorni, ma so che dopo quel viaggio ci
fu un altro viaggio, poi un altro ancora e un altro, un altro e poi un altro…
Così che a diciotto anni, quasi sorprendendomi mi resi conto di aver visto
quasi tutta l’Europa, a diciotto anni ripeto.
Inevitabile dire che viaggiando così
tanto si viene a contatto con tante realtà diverse, mai sbagliate, mai giuste,
solo diverse dalla nostra; è forse per questo motivo che sei anni fa decisi
inconsciamente di iniziare a studiare quello che fino al momento era stato il
mio passato e il mio presente, quello che non tardò poi tanto a diventare anche
il mio futuro.
Inoltre, avendo avuto la fortuna di
vivere un anno all’estero, ho avuto la possibilità di imbattermi nello
splendente fascino degli “stereotipi”, si, fascino è proprio la parola giusta,
penso sia davvero affascinante capire perché si pensi qualcosa di qualcuno o
qualcosa che in realtà non conosciamo affatto, affascinante perché non è una pecca
italiana, tutti portano degli stereotipi con se, in tutto il mondo, volenti o
nolenti davvero tutti lo facciamo credetemi.
Influenzato così dalle mie esperienze
personali, mi sono ritrovato ad eleggere un tema sul quale mi sentissi in grado
di partecipare attivamente oltre che didatticamente, se devo essere sincero è
il primo e l’unico argomento che abbia pensato di sviluppare visto e considerato
che ho ritenuto fin dal primo momento fosse un idea fresca, innovativa, ricca
di contenuti e facilmente connettibile con le materie del mio corso di studi; in
conclusione direi proprio “Buona la Prima!”
2.Contenuti
Lo scritto qui presente è frutto della
connessione di due tematiche principali e della loro analisi, le parole chiave
utili alla comprensione del documento sono indubbiamente due: stereotipo
e viaggio;
per questo inizieremo il nostro
percorso proprio da un’analisi etimologica di questi due termini in maniera da
poter affrontare palesemente e uniformemente la tematica in questione,
riassunta a sua volta all’interno di un contesto molto più ampio, quello del
“Turismo”.
Parleremo però di questo come “fenomeno
sociale”, distaccandoci leggermente da quello che può essere il lato economico
della questione; nonostante ciò non mancheranno delle analisi economiche
teoriche, che renderanno più semplice la comprensione dei collegamenti.
Analizzeremo poi diversi famosi
stereotipi, cercando di capire cosa sono e come funzionino, da dove vengano e
come siano nati; tutto questo addentrandoci nella “sociologia”, la sola materia
extracurricolare trattata in questo elaborato. Un excursus all’interno di
questo campo mi sembrava l’unico modo per dare un ordine logico al discorso,
facilitandone la comprensione a chi come me non possegga alcuna base in materia
di Sociologia, utilizzando quindi questa come tramite più che come soggetto.
Andremo poi a discutere di due letture,
una straniera e una italiana; definibili entrambe come “diari di viaggio”, due
libri autobiografici di autori contemporanei che sono riusciti almeno nel mio
caso a strapparmi fuori delle emozioni e a scatenare profonde riflessioni, apparenti
banali riflessioni che possono però lasciare a bocca aperta.
Per abbracciare didatticamente altre
materie quali Lettere e Storia e dall’Arte ho pensato di elaborare uno
specchietto in cui si presentasse l’importanza ed il concetto del viaggio
secondo alcuni dei più importanti autori e artisti italiani e stranieri.
Interverrò saltuariamente con riflessioni
personali per far si che il lettore possa meglio comprendere il mio punto di
vista e il mio modo di ragionare, nessuna verità assoluta ma solo pareri che si
muovano all’interno dei canoni della soggettività.
Introduzione:
Origini, concetto e definizione di
“stereotipo”:
Come prima anticipato in questa fase ci
dedicheremo alla comprensione del concetto di “stereotipo”, risalendo alle
origini del termine per poi passare all’utilizzo e al significato che questo
termine ha assunto nei tempi odierni; analizzeremo poi varie definizioni e
documenti incontrati in rete per cercare di capire a pieno gli stereotipi.
1.Origine etimologica del termine “stereotipo”:
Il termine stereotipo risale dall’antico greco, è una parola composta dai
termini greci “stereos” (duro,
rigido) e “typos/tupos” (impronta,
segno), assieme quindi “impronta rigida”.
La parola stereotipo
proviene dal linguaggio verbale tipografico; inventata da Firmin Didot indicava
una piastra di metallo su cui veniva impressa un'immagine o un elemento
tipografico originale, in modo da permetterne la duplicazione su carta
stampata.
Col passare degli anni diventa però una
metafora usata per indicare qualsiasi insieme di idee ripetute identicamente,
in massa, con modifiche minime.
In origine, cliché e stereotipo avevano
il medesimo significato, ma la parola cliché non era che un termine
onomatopeico derivato dal suono prodotto durante il processo di
stereotipizzazione, quando la matrice colpiva il metallo fuso.
2.Concetto di Stereotipo:
Lo stereotipo è nell'uso moderno, una
visione semplificata e largamente condivisa riguardante un luogo, un oggetto,
un avvenimento o un gruppo riconoscibile di persone accomunate da determinate
caratteristiche o qualità. Si tratta di un concetto astratto e schematico che
può avere un significato neutrale (ad es. lo stereotipo del Natale con la neve
e il caminetto acceso), positivo (la cucina francese è la più raffinata del
mondo) o negativo (l'associazione tra tatuaggi e carcerati); in molti casi, gli
stereotipi rispecchiano l'opinione di un gruppo sociale riguardo ad altri
gruppi.
Se usato in senso negativo o
pregiudizievole, lo stereotipo è considerato da molti come una credenza
indesiderabile che può essere cambiata tramite l'educazione.
Talvolta lo stereotipo è una caricatura
o un'inversione di alcune caratteristiche positive possedute dai membri di un
gruppo, esagerate a tal punto da diventare discriminanti, detestabili e
ridicole.
Gli stereotipi comuni comprendono una
varietà di opinioni su gruppi sociali basate su etnia, sessualità, nazionalità,
religione, politica e propensioni, ma anche professione, status sociale e
ricchezza.
3.Lo studio degli Stereotipi:
Il tema dello stereotipo è stato uno
dei primi temi trattati dalla psicologia sociale e il suo approccio si è
suddiviso in due essenziali prospettive di interpretazione, contraddistinte da
due ben delineati atteggiamenti di valutazione in merito.
Il primo filone di ricerca si rifà ad
una considerazione dello stereotipo come elemento negativo: ad una sua concezione
come semplificazione a priori, fondata su un impressione fissa e rigida, che
spesso può dimostrarsi essere scorretta e inadeguata. Uno dei primi sostenitori
di questa linea teorica è stato il giornalista Walter Lippmann nel suo “Public Opinion” del 1922. Secondo Lippmann, infatti, gli stereotipi
sociali non erano altro che rigide generalizzazioni costruite sui vari gruppi
sociali, dal carattere presumibilmente tendenzioso e distorto. Per la
costruzione della propria idea di stereotipo (egli) si era riferito al
significato originario della parola, ovvero, quello di stampo tipografico: il
modello iniziale da cui derivavano tutte le copie uguali del giornale. Ecco,
quindi, come uno stereotipo che qualifica un gruppo o un individuo, diviene
piuttosto uno stigma fermo e identificativo, esteso a tutti gli appartenenti ad
una certa categoria.
In questo modo, il processo di
stereotipizzazione sembra essere esente da qualsiasi contatto con la realtà e,
di conseguenza, poco sensibile ai suoi cambiamenti, arrivando così alla
soppressione quasi totale delle differenze o caratteristiche individuali
presenti tra gli stessi membri di un gruppo sociale.
Un passo più approfondito nella
considerazione del tema, fu fatto dalle ricerche di Katz e Braly (1933), che
cercarono di misurare le credenze stereotipiche e di analizzare il loro
contenuto in relazione all’etnia e alla razza. Le conclusioni a cui arrivarono
i due studiosi, non si distanziarono molto dalla visione negativa di Lippmann,
ma alcune delle loro scoperte rimangono sicuramente degne di menzione, prima
tra tutte, quella relativa all’apporto dei media nel processo sociale di
costruzione degli stereotipi. Questi si esplicavano attraverso l’associazione,
fatta eseguire da un campione di studenti bianchi della Princeton University,
di gruppi di aggettivi relativi alla personalità, come ad esempio: artistico,
laborioso, pigro, superstizioso, scaltro ecc… a gruppi di differenti etnie:
italiani, ebrei, afro-americani, tedeschi ecc… Gli italiani, ad esempio,
risultarono focosi e dal temperamento artistico, gli ebrei scaltri e attaccati
ai soldi, gli afro-americani pigri e superstiziosi e i tedeschi laboriosi e
razionali.
Le generalizzazioni emerse da queste
associazioni aggettivo-gruppo etnico, apparvero, e tuttora appaiono, immediatamente
evidenti e, in più, si riscontrò come i mezzi di comunicazione avessero
contribuito a condizionare tali processi d’associazione attraverso la loro
rappresentazione delle varie etnie.
I due studiosi riuscirono così a
determinare che la nascita degli stereotipi poteva essere generata dai mezzi di
comunicazione di massa oltre che dal comune processo di socializzazione.
La seconda linea di ricerca, invece,
appare diametralmente opposta alla precedente: lo stereotipo, infatti, viene
interpretato come un fenomeno normale e connaturato all’attività cognitiva
degli individui e che risente, nella sua costruzione e nelle forme di
identificazione che propone, sia del loro contesto socio-culturale
d’appartenenza, sia dei rapporti che si vengono a instaurare tra i vari gruppi.
Il taglio di questa seconda prospettiva
si presenta, evidentemente, più sociologico, in quanto tiene conto di tutta una
serie di variabili di tipo intersoggettivo e contestuale che non erano state
considerate in modo approfondito nelle disamine precedenti.
Così, lo stereotipo, nella sua
considerazione, passa da fenomeno granitico a rappresentazione flessibile e
relativa della realtà. I fenomeni di rappresentazione stereotipata delle
categorie sociali, delle situazioni o delle relazioni intersoggettive, appaiono
ora variabili nel tempo, a seconda dei codici normativo-culturali di
riferimento, ma anche del gruppo d’appartenenza e della natura delle
interazioni che si vanno a creare tra gli individui, evidenziando la natura più
marcatamente sociale di questo tipo di approccio.
La teoria più rappresentativa di questo
filone teorico è quella degli psicologi sociali Turner e Tajifel (1979)
sull’identità sociale degli individui. L’identità di un individuo, infatti, si
struttura in due componenti diverse: quella strettamente soggettiva, relativa
alla propria essenza peculiare fatta di esperienze personali e caratteri
distintivi della propria specificità, e quella sociale, discendente, invece,
dalle appartenenze sociali particolari del singolo (“sono uno studente”, “sono
un lavoratore” ecc..).
L’identità sociale permette
all’individuo di derivare la propria immagine di sé anche attraverso la
consapevolezza di appartenere ad un certo gruppo o ad una certa categoria
sociale, che ne definiscono alcuni dei tratti caratteristici.
Anche Goffmann (1983), trattando il tema dei processi di stigmatizzazione
e delle reazioni sociali in merito, fa riferimento all’importanza del concetto
di identità sociale che, però, analizza con dei criteri differenti. L’identità
sociale, infatti, si divide, a sua volta, in due dimensioni che lo studioso
definisce: identità sociale virtuale e identità sociale attualizzata. La prima
è composta da tutti quei requisiti effettuali, determinabili a priori, che gli
individui si aspettano di trovare negli altri sulla base del loro ruolo o della
loro posizione occupata formalmente nella società, la seconda, invece,
rappresenta, in pratica, la categoria a cui è possibile dimostrare
l’appartenenza di un certo soggetto e permette la legittima attribuzione, a
quello, di determinate caratteristiche.
Sarà interesse dell’individuo
raggiungere e mantenere un’identità sociale positiva e per questo motivo, egli,
cercherà di appartenere a uno o più gruppi socialmente valutati in maniera
favorevole in base al confronto sociale. A rendere desiderabile un certo tipo
di status sociale non è solo il valore riconosciuto che viene deputato ad una
certa appartenenza, ma anche il significato emotivo di realizzazione che
l’individuo gli attribuisce.
Questo capitolo riguardante “Lo studio degli
Stereotipi” si rifà ad un elaborato della d.ssa Giulia Moretti, laureata in
scienze politiche.
4.Definizioni della parola Stereotipo:
"rappresentazioni schematiche di
fenomeni che costituiscono un riferimento coerente e funzionale per la vita di
un singolo e di un gruppo"
"la conoscenza che l'individuo
immagina già di possedere"
"falsi concetti classificatori a
cui, di regola, sono assodate forti inclinazioni emozionali di simpatia o
antipatia, approvazione o disapprovazione"
"raffigurazioni di gruppi,
largamente condivise, schematiche, che nascono da relazioni di intergruppo e
guidano conoscenze e comportamenti sociali delle persone"
"un'opinione precostituita, non
acquisita sulla base di un'esperienza diretta e scarsamente suscettibile di
modifica".
Le definizioni soprastanti provengono da differenti
vocabolari online.
5.Esempio pratico per la comprensione:
A father and son are
involved in a horrific automobile accident. The father is killed, and the son
is rushed to the hospital for emergency surgery. Upon their arrival, however,
the surgeon takes one look at the child and says, "I cannot operate on him.
He is my
son." How is this possible?
Traduzione
Un padre ed il proprio
figlio sono coinvolti in un orribile incidente d’auto. Il padre muore, ed il
figlio viene trasportato d’urgenza all’ospedale per un intervento chirurgico
d’emergenza. Al momento dell’arrivo, il chirurgo guarda il bambino e dice: ”non
posso operarlo, è mio figlio”. Come è possibile?
Traduzione personale.
Secondo la scienziata americana Margo
Monteith, docente presso l’Università del Kentucky, un indovinello che come
quello qua su proposto giochi sul genere femminile o maschile può essere
davvero utile per comprendere pienamente la potenza di uno stereotipo,
abbastanza utile da proporlo annualmente ai propri studenti.
Non sorprendetevi quindi se leggendo
non siate riusciti a capire immediatamente che il chirurgo in questione altro
non è che la madre del bambino; questo esempio riassume uno stereotipo
contemporaneo molto sviluppato a livello internazionale, quello della
prevalenza del genere maschile nel mondo della chirurgia.
Esempio reperito in rete nel sito della Kentucky’s
University.
Origini, concetto e definizione del termine
“viaggio”:
6.Origine etimologica del termine “viaggio”:
La parola viaggio deriva dal provenzale viatges,
che a sua volta proviene dal latino viaticus/viatius,
termini derivanti da via. Viaticus
in latino erano la provviste necessarie per mettersi in viaggio, col passare
del tempo arrivo poi a significare il viaggio stesso.
7.Concetto di viaggio:
Il viaggio ha assunto nel corso della
storia innumerevoli significati, e, anche oggigiorno esso viene interpretato
dalle persone in maniera del tutto soggettiva. Da tempo il viaggiare è un modo di mutare, un
metodo per cambiare la propria posizione sociale, sfuggire alla giustizia del
proprio paese per reati commessi o , più nobilmente acquistare fama per studi
archeologici o geologici, o più semplicemente trovare un lavoro per sfamare se
stessi e la propria famiglia.
Si può viaggiare ancora
oggi per fuga, alla ricerca di una propria libertà interiore, spinti dalla reazione
a convenzioni sociali o da filosofie consolatorie.
Si può viaggiare per
fede, come avviene nei pellegrinaggi o nelle visite ai santuari e agli oracoli
anticipatori del turismo di massa. La cosiddetta geografia della devozione:
Lourdes, Fatima, La Mecca, lo stesso Giubileo sono pietre miliari del viaggio
religioso dove si confondono misticismo, svago e penitenza.
Si può viaggiare poi
anche per studio e ricerca, sull’esempio degli archeologi ed esploratori del
passato, per una sfida ed un arricchimento culturale, come interpreta il grande
viaggiatore von Humboldt insistendo sull’importanza del contatto diretto con le
diversità e le forme policrome della natura
Si può viaggiare anche
per raccontare, scrivere o filmare o, come avvenne all’epoca dei grandi
esploratori per affascinare i lettori con storie mirabolanti delle nuove Terre
scoperte.
Si può viaggiare infine
per mettersi alla prova, per sfidare la sorte, per provare l’ebbrezza del
rischio come fanno alcuni viaggiatori che nonostante le raccomandazioni della
Farnesina viaggiano in luoghi assolutamente sconsigliati per la presenza di
importanti situazioni di rischio come conflitti militari, presenza di predoni,
pirati, o epidemie in corso.
8.Definizione del termine viaggio:
“atto di spostarsi da un luogo
all’altro compiendo un certo percorso”;
“giro più o meno lungo attraverso paesi
diversi dal proprio”;
“spostamento da un luogo a un altro con
un mezzo di trasporto”.
Letteratura e Arte:
1.Stereotipi
nella cultura
In
arte e letteratura, gli stereotipi sono rappresentati da situazioni o
personaggi prevedibili. Ad esempio, lo stereotipo del diavolo è quello di un
personaggio rosso, con corna e forcone, mentre lo stereotipo del venditore è
quello di un individuo ben vestito, che parla rapidamente, di cui non ci si può
fidare. La Commedia dell'arte italiana era nota per i suoi personaggi e
situazioni tipiche. Nel corso della storia i cantastorie hanno sempre attinto a
personaggi e situazioni stereotipe, allo scopo di far meglio comprendere al
pubblico le nuove storie. L'immediata riconoscibilità di alcuni stereotipi fa
sì che questi vengano largamente utilizzati nella produzione di pubblicità
efficaci o nelle sit-com. Gli stereotipi cambiano e si evolvono nel tempo, pertanto
potrebbe essere difficile riconoscere oggi alcuni degli stereotipi relativi
alla società di qualche decennio fa.
2.Il viaggio secondo gli autori italiani
Il viaggio ha sempre affascinato i
poeti e gli scrittori poiché considerata la metafora più diretta della vita
stessa, il viaggio visto come un percorso: la nascita come la partenza e la
morte come arrivo. Detto questo,nei poeti del trecento come Dante e Petrarca,
il viaggio è visto come viaggio interiore,come ricerca di sè e della pace:
Dante mira al Paradiso e Petrarca al "locus amoenus" come luoghi dove
il livello di spiritualità è massimo, dove l'uomo si avvicina alla perfezione
di Dio. Nel 700, invece, il viaggio si caratterizza anche dal punto di vista
materiale: è il secolo dell'illuminismo, dei grand tours alla scoperta delle
antichità classiche e delle vicende politiche a larga scala. Foscolo vede il
viaggio sotto due aspetti: il primo assume un significato negativo, legato
all'esilio, all'abbandono forzato della sua terra natale per motivi politici;
il secondo,invece, è connesso al ritorno a casa (alle "sacre sponde"
della sua Zacinto), un ritorno che gli è impedito, quindi il viaggio ritorna ad
essere solo mentale. Anche per Leopardi il viaggio costituisce parte
significativa della propria vita, come ricerca di speranza e di cambiamento,
assumendo così un valore di fuga, fuga da quella che era una vita chiusa nel
contesto della piccola Recanati.
3.Il viaggio secondo Gauguin
Ancora una volta si parla di viaggio
inteso come fuga, ma in questo caso non si fugge da restrizioni o ambienti
troppo limitati, ciò che spinge l’artista ad allontanarsi è infatti la civiltà;
la globalizzazione e la civilizzazione arrivano quasi a soffocare Gauguin (fino
a limitarne le capacità artistiche secondo la sua opinione).
È così che nasce in lui il desiderio
del ritorno alla primitività, che inizia a manifestarsi nei propri dipinti e si
concretizza poi gradualmente in Thailandia; egli mostra totale disinteresse
verso la fama e impara a nutrire amore verso la natura, verso la vita animale e
umana.
Stereotipo e Economia:
Come anticipato vedremo ora in che modo
gli stereotipi possano costituire un fattore determinante nell’influenzamento
della domanda turistica, e ancora di più all’interno di un semplice contesto
economico, come la vendita di un qualsiasi bene o servizio. Riusciremo così a
notare come l’economia attuale sia letteralmente costernata da stereotipi di
ogni genere, ed in alcuni casi potremmo quasi dire che lo stereotipo funge da
motore di spinta all’interno dell’economia.
Sfortunatamente sono innumerevoli i
casi in cui uno stereotipo possa trasformarsi in “svantaggio economico”,
andremo quindi ad analizzare la questione da un punto di vista più universale.
1.La stereotipizzazione come azione di
marketing:
Strategia di marketing sempre più
diffusa, la stereotipizzazione può costituire un ottimo vantaggio quanto un
terribile svantaggio; di fatto, se eseguita nella maniera scorretta, essa può
comportare l’allontanamento del consumatore o di un intera classe di
consumatori.
Possiamo dividere la stereotipizzazione
in due parti, quella territoriale e quella del consumatore.
La stereotipizzazione territoriale fa
si che delle caratteristiche del territorio vengano promosse e sostenute in
maniera disuguale rispetto ad altre, è così che si può arrivare ad un aumento
della domanda in un determinato periodo dell’anno a discapito di un altro
periodo. Questa azione deve quindi essere attentamente controlloata, per
evitare il cosiddetto effetto boomerang.
Es.: Uno o più tour operators avviano
una forte campagna pubblicitaria di promozione della Sardegna che promuove però
solo ed esclusivamente il turismo balneare, logicamente questa azione di
marketing porterà dei grandi benefici economici nel periodo estivo, dando però
al consumatore l’idea che la Sardegna abbia qualcosa da offrire solo durante
l’estate. Così avviene la creazione di uno stereotipo che costituirà il calo
della domanda in un altro periodo dell’anno.
La stereotipizzazione del consumatore
invece, agisce in maniera differente, e costituisce principalmente uno
svantaggio economico. Di fatto, qualsiasi campagna pubblicitaria, è dedita a
creare un rapporto più intimo con il consumatore, perché questo si senta
trattato come individuo più che come cluster. Stereotipizzare il consumatore
significherebbe quindi escludere a priori delle fasce di consumatori che
potrebbero comunque usufruire del prodotto.
Es.: Una casa produttrice di
videogiochi crea una pubblicità televisiva dedita alla promozione di una nuova
console e in questa pubblicità vengono mostrati solo dei bambini, ciò
significherebbe dare un messaggio compromettente a livello di marketing, visto
che dando l’idea di un prodotto creato solo per i bambini si perderebbe una
vasta fascia di consumatori, considerando che secondo le statistiche sono più
del 35% i consumatori compresi tra i 25 e i 45 anni.
2.Interventi di
destereotipizzazione (ove lo stereotipo costituisca svantaggio);
Considerato il discorso sull’utilizzo
della stereotipizzazione come azione di marketing e degli svantaggi che questa
strategia possa costituire, dobbiamo quindi parlare degli eventuali rimedi laddove
si sia venuta a creare una situazione economicamente svantaggiosa, a causa
della creazione di stereotipi sfavorevoli nei confronti dei consumatori o
sfavorevoli a livello territoriale.
L’unica maniera per sopprimere uno
stereotipo, rimane di fatto la sostituzione di questo stesso in favore di uno più
vantaggioso, o comunque di uno che possa riportare un equilibrio economico con
una conseguente stabilizzazione della domanda, all’interno della sensibilissima
bilancia dell’economia e dell’economia turistica più specificamente.
Es.: Tornando all’esempio dello
stereotipo territoriale nella campagna di promozione della Sardegna, se si
venisse a creare tale stereotipo (Sardegna unicamente meta balneare estiva), la
regione potrebbe intervenire con campagne di destereotipizzazione che facciano
uso di slogan quali per esempio “la Sardegna non è solo mare” oppure “la
Sardegna tra montagne e tradizioni” in maniera da attenuare lo stereotipo
precedente e sostituirlo con uno più equilibrato.
Letture:
Sono due letture strettamente connesse
alle tematiche proposte in questo elaborato quelle di cui vi parlerò; entrambi
i libri possono essere definiti “diari di viaggio”, racconti autobiografici
basati totalmente su esperienze realmente vissute. Nonostante il viaggio abbia
per i due autori un fine differente, risultano essere molteplici le
similitudini tra i due diari.
Il distaccarsi al contrario, si
verifica a parer mio a causa delle differenti professioni degli autori;
possiamo infatti apprezzare in uno il lato e la visione poetica di un
cantautore che cerca ispirazione lungo le avventure di un viaggio, e nell’altro
la professionalità di un reporter che sa raccontare il mondo e che vuole
trovare la felicità viaggiando.
1."The Geography
of Bliss" (Eric Weiner)
The
Geography of Bliss (La Geografia della Gioia) è il diario di viaggio di un
famoso reporter televisivo americano, che nel corso della sua carriera ha avuto
la possibilità di venire a contatto con le disastrate realtà dei paesi
sconvolti dalla guerra. Una volta andato in pensione decide di addentrarsi in
quelli che sono i legami tra il viaggio e la felicità, decidendo così di
iniziare a viaggiare per un altro fine, che non fosse un fine professionale ma
bensì la sola ricerca della felicità.
Interessante
poi scoprire che esista un centro di ricerca per la felicità chiamato “World
Database of Happiness”, con sede situata a Rotterdam in Olanda; questo centro
di ricerca quantifica matematicamente il tasso di felicità di tutte le nazioni
del mondo, analizzando i fattori che influenzano lo stato d’animo delle
persone.
Proprio
da qui parte il viaggio del reporter americano, che rimane a dir poco stupito
dall’immensità di tali ricerche.
Riporto
qua sotto due riflessioni incontrate nel libro che mi hanno particolarmente
colpito:
“Perhaps we even want to experience
unhappiness, or at least leave open the possibility of unhappiness, in order to
truly appreciate happiness”.
“Forse
vogliamo addiritura sperimentare l’infelicità, o almeno lasciare aperta la
possibilità dell’infelicità, in maniera da poter realmente apprezzare la
felicità”.
“If I draw a circle, most people,
when asked what I have drawn, will say I have drawn a circle or a disc, or a
ball. Very few people will say I’ve drawn a hole in the wall, because most
people think of the inside first, rather than thinking of the outside. But
actually this two sides go together, you cannot have what is ‘in here’ unless
you have what is ‘out there’.”
In other words, where we are is
vital to who we are.
“Se
disegnassi un cerchio, e chiedessi cosa ho disegnato, la maggior parte delle
persone diranno che ho disegnato un cerchio, un disco o una palla. Poche
persone diranno che ho disegnato un buco nel muro, perché la maggior parte
delle persone pensano prima all’interno più che all’esterno. Ma effettivamente
questi due lati vanno assieme, non si può avere ciò che è ‘qui dentro’ a meno
che non si abbia ciò che è ‘la fuori’.”
In
altre parole, dove siamo è di vitale importanza per definire chi siamo.
Traduzioni
personali.
In
poche parole, questo libro ci fa capire quanto il viaggio possa essere
importante per la ricerca di un equilibrio, equilibrio che diventa sinonimo di
felicità; il doversi confrontare con diverse realtà per stabilire quale sia la
felicità assoluta e non più relativa, confrontarsi con realtà opposte, dove la
felicità è dettata da fattori più o meno rilevanti di quelli con i quali
conviviamo abitudinariamente.
2.”Il grande
boh”(Lorenzo Cherubini noto Jovanotti)
Questa
lettura (racconto autobiografico) racconta le avventure di viaggio del famoso
cantautore italiano “Jovanotti” che
si cimenta in numerosi viaggi, in cerca di ispirazione musicale e di serenità,
attraverso la scoperta di nuovi mondi.
L’autore
fa riferimento alla musica e alla gestualità come mezzo supplementare e
determinante di comunicazione, sostenendo che queste arrivino dove la lingua
non possa arrivare.
Il
libro è caratterizzato da un linguaggio forte e alle volte da “sfoghi poetici”
che di tanto in tanto saltano fuori tra i racconti di viaggio, attribuendo al
libro quel “tocco di poesia”, poesia di un cantautore.
Lungo
i propri viaggi, tra Sahara e New York, tra Africa e Londra e ancora tra
Patagonia e Salvador do Bahia, l’autore ci porta più volte a contatto con il
peso della globalizzazione, i danni della tecnologia laddove non si è pronti a
riceverla; risalta poi il valore del viaggio e del viaggiatore, che si distacca
dall’itinerario impacchettato e venduto, dando importanza all’incontaminatezza
dei pochi paesaggi in cui è ancora possibile stare a contatto diretto con la
natura.
Elaborato prodotto da:
Enrico Porceddu
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